2-3 gennaio
Dopo la parentesi della penisola iberica si riparte direzione Africa durante le feste natalizie.
Il viaggio, per la prima volta da quando scrivo il mio blog, è composto da 4 persone, con me e Camilla ci sono due “neo” amici (per me che ho il piacere di frequentarli da poco tempo), sono Sara e Manuele.
Per la prima volta abbiamo un viaggio organizzato, non farò il nome del tour operator. La Tanzania è molto tranquilla, non abbiamo mai avuto problemi con i locali anche andando in giro in solitaria per alcune città o villaggi, però onestamente organizzare un viaggio fai da te in una nazione così poco collegata o prenotare un fuoristrada per andare da soli è veramente complicato (almeno per la mia esperienza).
Si parte la sera del 2 Gennaio 2023 da Roma Fiumicino, la destinazione è Stone Town sull’isola di Zanzibar.
Si viaggia con Neos, come sempre non riesco dormire e mi vedo un paio di film, in realtà sono in buona compagnia, nessuno di noi riposa, pensavamo che partendo la sera sarebbe stato più rilassante e più facile dormire, in realtà sarà l’adrenalina o l’agitazione generale arriviamo la mattina come se ce la fossimo fatta a piedi o quasi, ma non c’è tempo per riposare, ci attende l’autista che ci porta in hotel per posare i bagagli e si parte immediatamente per un tour della città.
Stone Town è la parte vecchia della capitale di Zanzibar, in Tanzania; si trova sulla costa occidentale di Unguja, l’isola principale dell’arcipelago di Zanzibar. Un tempo capitale del sultanato di Zanzibar, poi centro amministrativo coloniale durante l’occupazione britannica e oggi sede delle istituzioni di governo dello stato semi-autonomo di Zanzibar, Stone Town è una delle città di maggiore importanza storica dell’Africa orientale. La sua architettura, in gran parte del XIX secolo, riflette la molteplicità di influenze che definiscono la cultura swahili in generale: vi si ritrovano infatti elementi moreschi, arabi, persiani, indiani ed europei. Per la sua importanza storica e la sua architettura, la città è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
https://www.360cities.net/image/stone-town-gizenga-street
A farci da guida un ragazzo Gigi o Giggi parlante ita-napoletano, ci porta in questo dedalo di vie che è la città spiegandoci tutto sulla cultura, la frutta, le spezie ed il mercato del pesce; sulle porte dei vari palazzi in base alle tradizioni di chi le abita, non mancano battute e commenti piccanti alle ragazze incontrate, una persona veramente stravagante.
Dopo la visita della città tramite una piccola imbarcazione ed una trattativa privata ci trasferiamo a Prison Island.
Prison Island fu disabitata fino agli anni 1860, quando il primo sultano di Zanzibar, Majid bin Said, ne fece dono a due mercanti arabi di schiavi, che la trasformarono in un luogo di detenzione per gli schiavi indisciplinati. Con il trattato di Heligoland-Zanzibar, tutto l’arcipelago divenne un protettorato britannico. Nel 1893, il Primo Ministro britannico di Zanzibar Lloyd Mathews acquistò Prison Island dagli arabi e vi fece costruire la prigione a cui l’isola deve il nome, che però non venne mai utilizzata come tale. All’inizio del XX secolo, in seguito al dilagare della febbre gialla nelle colonie britanniche in Africa orientale, Prison Island venne adibita a stazione di quarantena per Zanzibar, il Kenya, l’Uganda e il Tanganica, e la prigione venne convertita in ospedale. Nel 1923 l’isola fu ufficialmente ribattezzata “Quarantine Island”.
Su Prison Island vive una colonia di tartarughe giganti di Aldabra (Aldabrachelys gigantea). L’origine di questa colonia è controversa, anche se è quasi certo che esse provengano dall’isola di Aldabra. Secondo alcune fonti, sarebbero state portate a Prison Island nel XIX secolo per proteggere la specie dall’estinzione e dal bracconaggio; potrebbero però anche essere discendenti delle tartarughe che i marinai che navigavano nell’Oceano Indiano portavano con sé come riserva di carne fresca, o essere state portate a Prison Island dal sultano di Zanzibar come ornamento nel 1800. Altre fonti ritengono che l’arrivo delle tartarughe a Prison Island sia molto più recente, e che sia riconducibile a un dono fatto dal governatore britannico delle Seychelles nel 1919.
Le tartarughe possono raggiungere un peso di 250 kg, e di alcuni degli esemplari presenti a Prison Island si pensa che abbiano oltre 200 anni di età, e che alcune di esse potrebbero essere ancora appartenenti alla prima generazione di tartarughe sbarcate sull’isola nei secoli scorsi.
Fa abbastanza caldo, siamo sui 30°C, io ed Emanuele ci facciamo convincere da Gigi a lasciare anche le ciabatte sulla barca… noi, spinti dall’acqua cristallina intorno all’isola e dalla sabbia d’orata, condividiamo l’idea, la barca si allontana dopo che siamo scesi e noi partiamo verso l’isola scalzi, mai scelta peggiore!! tra il pavimento bollente, la cacca di tartaruga e le pietruzze varie dopo un attimo ho i piedi lessi!
Rientriamo verso sera, come prima giornata può bastare, ci godiamo il tramonto dalla terrazza dell’hotel, cena e poi tutti a dormire domani mattina si riparte direzione Arusha, da dove cominceremo i Safari. Good Night.
4 gennaio
Sveglia presto e si torna all’aeroporto, stavolta voli locali. Se la parte per gli internazionali è piccola provate a immaginare la parte dei voli interni, aldilà che l’aereo più grande ha si e no le dimensioni di un pullman, ci troviamo tutti i viaggiatori in una sala senza indicazioni, senza monitor, con una signorina che indica i voli al microfono tutti palesemente in orari sballati, a complicare il tutto vi è poi il fatto che per una destinazione ci sono 4 o 5 compagnie locali, per cui anche se si riesce a capire la destinazione propria bisogna poi capire a chi si rivolga; morale della favola, ci posizioniamo vicino alla porta di uscita che da sulla pista di decollo in attesa che qualcuno ci dia l’ok, quando questo succede abbiamo già oltre un’ora di ritardo.
Arriviamo ad Arusha e siamo costretti a rivedere i nostri piani giornalieri, da una parte è stato un bene perché anziché dal parco del NgoroNgoro iniziamo il tour dal Parco Nazionale del Tarangire.
Situato a nord della Tanzania, il Parco Nazionale del Tarangire è uno dei più bei parchi da vedere nei tour in Tanzania, e prende nome dal fiume che lo attraversa, appunto il fiume Tarangire, e si estende fino al Parco Nazionale del Lago Manyara. Il Parco è caratterizzato da panorami di selvaggio fascino dove la savana primeggia.
Il Parco Nazionale del Tarangire si estende per 2.600 km2 ed è disseminato di enormi baobab, alberi spettacolari di dimensioni incredibili (possono raggiungere i 25 metri di altezza), particolarmente longevi e resistenti con fusto rigonfio e bizzarra chioma spesso spoglia che assomiglia molto ad un apparato di radici. Pur essendo ormai un albero icona dell’Africa, conosciuto in tutto il mondo, per i locali rappresenta anche una fonte di cibo e di medicine e da molte tribù viene ritenuto sacro.
Il Parco del Tarangire ha paesaggi che tendono ad essere più verdeggianti per la presenza del fiume Tarangire che lo attraversa, attorno al quale si possono trovare rigogliose pianure alluvionali, boschi, foreste e paludi. Caratteristico di questo parco è la presenza di due alberi: il baobab, essendo il parco con il maggior numero di questi esemplari, e l’acacia ad ombrello, nota come Acacia Tortillis.
Le migrazioni sono una delle caratteristiche più note di questo Parco e i flussi migratori determinano la presenza di diversi animali in base al periodo dell’anno in cui ci troviamo.
Oltre a questi animali, nel Tarangire National Park si possono vedere anche alcelafi, Kudu, i dik-dik, oltre 500 specie di uccelli e anche alcuni fra i più incantevoli felini, come i leoni africani e i ghepardi. Gli elefanti, in particolare, sono una presenza molto elevata durante tutto l’anno ed è facile incontrarli in gruppi anche a distanza molto ravvicinata.
Il Tarangire National Park è noto anche come Parco dei Giganti, proprio per la presenza di esemplari enormi sia nella sua flora che nella fauna, vedi ad esempio i baobab e gli elefanti.
Pranziamo al sacco in un sito picnic pieno di scimmie, il Matete, la nostra guida Issa ci ha avvisato che le scimmie possono essere molto invadenti e pronte a rubare il cibo, così mangiamo stando molto attenti e guardandoci intorno, riusciamo a schivare il primo assalto di una scimmietta che avevamo capito avesse puntato direttamente la mela nel box di cartone, ma non contenta dopo neanche un minuto si getta direttamente sull’intero box rendendo vano ogni tentativo di scoraggiarla. Box all’aria e mela catturata!
https://www.360cities.net/image/tarangire-matete-picnic-site
Dopo aver avvistato leoni, elefanti, bufali (3 dei big five) dopo 4 ore letteralmente volate si rientra. Stasera si dorme nei pressi di Karatu in un lodge molto carino, dopo un caloroso benvenuto, una bella doccia, una cena tradizionale ed una partita ad un gioco in scatola andiamo a dormire, domani si parte verso il Serengeti.
5 gennaio
Si parte la mattina presto, per arrivare al Serengeti bisogna passare attraverso l’ingresso del NgoroNgoro, attraversare il parco costeggiando tutta la costa del cratere, percorrere altri 100km di nulla totale su strada sterrata e polverosa e finalmente si giunge a destinazione.
Lungo la strada si incontrano numerosi villaggi dei Masai (o Maasai) che purtroppo hanno perso molta della loro originalità disposti a tutto pur di strappare una mancia ai turisti per una foto. La pianura del Serengeti è una regione di circa trentamila chilometri quadrati, costituita da prateria, savana e boschi situata in Africa orientale. La parte settentrionale appartiene al Kenya, quella meridionale (l’80% circa della superficie totale) alla Tanzania. La zona costituisce l’habitat naturale per una grande varietà di animali; si stima che sia abitata da circa un milione e mezzo di erbivori e migliaia di predatori. Gli animali più comuni sono gli gnu, le antilopi, le gazzelle, le zebre e i bufali.
La pianura è celebre per gli impressionanti movimenti migratori che si verificano ogni anno. Intorno a ottobre, circa un milione e mezzo di erbivori si spostano a sud, attraversando il fiume Mara, per ritornare a nord (attraversando ancora il Mara più a ovest) intorno ad aprile. Questo fenomeno viene talvolta chiamato “la migrazione circolare”.
Appartiene a quest’area anche il sito archeologico di Olduvai, dove sono avvenuti ritrovamenti di alcuni dei più antichi fossili di ominidi.
https://www.360cities.net/image/ngorongoro-olduvai-gorge-monument
La pianura del Serengeti è suddivisa in numerosi parchi nazionali: il Parco nazionale del Serengeti, la riserva naturale di Ngorongoro, la riserva keniota di Masai Mara.
Il Serengeti è veramente sterminato, si comincia vicino al lago Ndutu con i fenicotteri rosa e gli ippopotami e poi si continua girovagare con la jeep sui tantissimi percorsi sterrati del parco avvistando gli innumerevoli animali.
Soltanto gli elefanti latitano abbastanza, ma tra leoni, giraffe, zebre, bufali, gnu non ci si annoia mai.
Si gira tutto il giorno sempre con l’obiettivo puntato verso l’esterno, sono munito di due camere Sony, una A7riv ed una formidabile A9 con fisso un 200-600 con possibilità di moltiplicatore 1,4x.
La sera si dorme dentro al parco in un campo tendato, esperienza bellissima sia per l’aria che si respira (il tramonto nella savana è meraviglioso) sia per l’adrenalina che c’è sapendo che tutto intorno vi sono animali selvaggi liberi. Il campo è molto attrezzato, c’è tutto il bagno privato e la doccia, ovviamente con alcune limitazioni; non è possibile uscire la mattina dalla tenda senza aver pre-avvisato i ranger con il walkie-talkie, così come la sera per andare a letto. Si cena nella tenda centrale, ottimo menu a dire il vero con zuppa iniziale e carne a scelta. Ci intratteniamo poi all’esterno dove hanno messo un po di musica e ovviamente c’è chi ha spirito ballerino (cosa che non ho mai avuto).
Si va infine a dormire con un po di agitazione, la notte scorsa dicono che un leopardo si aggirasse intorno alla tenda 2. Sarà vero!?
https://www.360cities.net/image/sunset-at-serengeti-mobile-camp
6 gennaio
Sveglia all’alba, non capita spesso di dormire all’interno di un parco nazionale e dobbiamo approfittarne. La speranza è di riuscire a vedere qualche scena di caccia o qualche evento particolare.
La giornata comincia benissimo, tre leoni (un maschio e due femmine) stanno riposando al sole a poche centinaia di metri dal nostro campo, in linea d’aria ancora meno, con il sole ancora basso scatto delle foto stupende.
Si continua poi con alcune scene un po osé e alcuni momenti di relax
Continuiamo il tour e ci imbattiamo in una scena molto cruda, ma molto naturale da queste parti; tre leoni maschi giovani hanno appena ucciso una zebra, la scena è veramente forte, “fortunatamente” siamo arrivati qualche momento dopo perché la vista della battaglia per la vita sarebbe stata difficile.
Si continua ancora, ci dirigiamo in una zona del parco che ancora non avevamo mai visto, la savana aperta, non ci sono alberi, dopo alcuni minuti si intravedono però due animali bellissimi, sono due ghepardi che crediamo siano a caccia, cominciamo a seguirli da lontano con la jeep mentre tutt’intorno a noi se ne aggiungono altre. Purtroppo non accade nulla di particolare, se non la vista di un gran numero di gnu che si raggruppa per affrontare i due giovani ghepardi che è costretto ad allontanarsi, l’unione fa la forza!
I due animali continuano il percorso per poi riposare nascosti nella vegetazione, mentre intorno anche alcune iene cominciavano a fare capolino. Mi accontento delle foto a questi felini meravigliosi.
Nel pomeriggio si esce dal parco, ci aspettano 100Km di strada polverosissima e sconnessa per tornare a Karatu dove alloggiamo, domani altro parco Nazionale: il NgoroNgoro.
7 gennaio
L’area di conservazione di Ngorongoro è un’area naturale protetta che si estende nella zona della caldera di Ngorongoro situata nella pianura di Serengeti, a nord-ovest della città di Arusha e ad est del parco del Serengeti, con il quale forma un territorio ininterrotto.
L’area attorno al cratere costituisce la riserva naturale di Ngorongoro. Il cratere di Ngorongoro si trova a 2.200 metri sul livello del mare, misura oltre 16 chilometri di diametro e occupa un’area di circa 265 chilometri quadrati. Si tratta della più grande caldera intatta del mondo. Sulla corona del cratere corre un’unica strada, sul versante meridionale. Quattro strade collegano la corona con l’interno del cratere; la discesa richiede circa 30 minuti in fuoristrada. Il cratere appartiene all’area più estesa (circa 8300 chilometri quadrati) della riserva naturale di Ngorongoro (Ngorongoro Conservation Area, o NCA). La NCA viene amministrata dalla Ngorongoro Conservation Area Authority, un organismo indipendente dal sistema dei parchi nazionali della Tanzania che amministra l’area in modo diverso; per esempio, all’interno dell’NCA la popolazione dei masai può vivere e spostarsi liberamente (cosa che non avviene in nessun altro parco della Tanzania).
Oltre al cratere omonimo, la riserva di Ngorongoro include due altri crateri minori, Olmoti ed Empakaai, nonché l’importantissimo sito archeologico delle gole dell’Olduvai.
L’intera area della NCA è stata dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO
Per scendere all’interno di questo enorme cratere c’è una sola via d’ingresso, così come c’è una sola per uscire. Paesaggisticamente tra tutti parchi è quello più bello, anche se in realtà una volta all’interno di questa enorme pianura che è il cratere si perde il fascino selvaggio che ha il Serengeti, credo che l’ordine perfetto per visitare questi parchi sia Tarangire, Ngorongoro e per ultimo il Serengeti.
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E’ anche il più affollato dei parchi, si capisce subito se c’è qualche animale avvistato dalla quantità delle Jeep vicine.
Riusciamo a vedere leoni, iene, giraffe, elefanti e in due occasioni, purtroppo solo da lontano, i rinoceronti che fino ad ora non avevamo ancora avvistato.
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La giornata vola, usciamo dal parco e decidiamo di fare visita ad una cittadina durante il rientro: Karatu.
Non appena scendiamo ci si avvicinano due personaggi del luogo, uno per venderci i sui pupazzi artigianali, un altro invece si offre come guida. Secondo la nostra guida è un tipo affidabile, ci fidiamo e partiamo per una veloce visita attraverso il mercato alimentare e poi nella zona artigianale.
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https://www.360cities.net/image/karatu-market
Proseguiamo verso Arusha, la nostra gita selvaggia termina qua, da domani relax sulle spiagge di Zanzibar per alcuni giorni.
8-9-10 gennaio
Il territorio di Zanzibar è un arcipelago situato nell’Oceano Indiano, di fronte alla costa orientale della Tanzania, pochi gradi a sud dell’equatore. È costituito da due isole principali, Unguja (o semplicemente “Isola di Zanzibar”) a sud, e Pemba a nord, e da oltre quaranta isole minori, tutte considerevolmente più piccole, alcune delle quali disabitate.
Proprio a Pemba inizia la nostra escursione sull’isola. Non è difficile trovare una barchetta che la mattina presto accompagna i turisti verso l’isola. Proprio davanti Pemba si avvistano i delfini, è possibile fare il bagno nella barriera corallina, per poi sdraiarsi sulla sabbia della secca, che con la bassa marea ,che c’è quasi tutti i giorni da mezzogiorno fino alle 16-17 quando poi comincia a risalire, è uscita fuori dalla acque azzurre bellissime.
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https://www.360cities.net/image/matemwe-beach-at-sunrise
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Avendo visitato la parte bassa dell’isola al nostro arrivo, decidiamo in questi giorni di andare a vedere una fattoria delle spezie nel centro dell’isola e fare qualche giro al nord.
Credo che la visita ad una fattoria delle spezie sia quasi obbligatoria in una terra così, è possibile conoscere come vengono coltivate, ma soprattutto come sono fatte le spezie, le piante da frutto esotiche, ma anche cosmetici ed altri infusi che ormai siamo soliti utilizzare nelle nostre case: chiodi di garofano, noce moscata, cocco, lemon grass, vaniglia, avocado, papaia, caffè, pepe….
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Tra un bagno e l’altro, una passeggiata nel reef fino alla barriera e un bel massaggio in relax, l’ultima gita sull’isola è a Mkokotoni
Mkokotoni è una cittadina della Tanzania, situata sulla costa nord-occidentale dell’isola di Unguja (Zanzibar),è capoluogo della regione di Zanzibar Nord. Mkokotoni è principalmente abitata da pescatori, e ospita un grande mercato del pesce.
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Il mercato del pesce non è grande, l’aria che si respira non è molto profumata, però la gente del posto non è invadente, non ha problemi se vede una macchina fotografica, solo le donne (ma questo su tutto il territorio) non vogliono farsi fotografare.
Il nostro viaggio termina qua, l’11 gennaio saremo al fresco delle nostre case dai 30° di queste zone. Un viaggio bellissimo che ci ha regalato tanti bei ricordi ed avventure. Un ringraziamento ai nostri compagni di viaggio con cui abbiamo passato veramente splendide giornate e grazie ai quali anche nei tratti più faticosi siamo riusciti sempre a farci due risate. Un abbraccio!